Aborto: esce in Italia “Unplanned. La storia vera di Abby Johnson”
Questa sera alle 20.30 al cinema Adriano di Roma l’anteprima del film che ha scosso le coscienze. Per un caso fortuito la direttrice della clinica abortiva più importante degli Stati Uniti si trova ad assistere ad un’interruzione di gravidanza di un feto di 13 settimane e da lì comprende la grande menzogna nascosta dietro al “diritto” all’aborto
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
È ufficiale. Anche in Italia, senza sottotitoli, come nell’originale inglese, circolato per un po’ di tempo solo tra gli addetti ai lavori, si potrà vedere da oggi il film che ha riscosso un grandissimo successo oltreoceano ma che in molti Paesi ha avuto un’enorme difficoltà di diffusione incontrando ostacoli da ogni parte. Prodotto da Solideo gloriae distribuito da Pureflix negli Stati Uniti, “Unplanned. La storia vera di Abby Johnson”, tratto dall’altrettanto scomodo testo “Scartati. La mia via con l’aborto” (edito da Rubettino nel 2015), è stato già vincitore di numerosi riconoscimenti internazionali.
Pensa che questo ritorno di interesse per la difesa della vita derivi anche dal dibattito che sta accendendo gli USA riguardo all’abolizione della sentenza Roe v Wade?
«Certamente il dibattito negli USA e la storica sentenza di ieri contribuiranno ancora di più alla corsa del film. È come se anche gli italiani, risvegliandosi da un torpore decennale, dicessero: «Ma allora se ne può parlare, il tema non è più un tabù!». Se negli USA a guida democratica il dibattito sulla vita è all’ordine del giorno – in Tv, sui giornali, nelle strade, nelle scuole –, se i nove giudici della Corte Suprema americana hanno deciso che i singoli Stati, quindi i cittadini, sono liberi di applicare le loro leggi in materia (molte delle quali a difesa della vita), perché allora gli italiani dovrebbero continuare a rimuovere totalmente quello che è stato giustamente definito un “genocidio censurato?».
La trama
Abby, la protagonista del film è una ragazza rampante che entra a far parte dell’organizzazione no-profit Planned Parenthood dedita alla promozione della “salute sessuale e riproduttiva delle donne”. In questa associazione, nel giro di poco tempo, dopo aver vinto il premio come dipendente dell’anno, scala i vertici assumendo importanti ruoli di responsabilità: in pochi anni diviene il più giovane direttore della storia. Abby ci crede, ci crede davvero, ma in realtà non sa in cosa crede. E’ convinta che il suo operato possa sostenere donne in difficoltà, possa realizzare un loro “diritto”, ma da dietro una scrivania, non si rende conto di ciò che accade realmente in quelle “stanze della morte”. Se ne accorgerà per caso, un giorno, sostituendo una sua collega: chiamata ad assistere ad un aborto, dalla parte di coloro che lo eseguono, vedrà infatti con i suoi occhi quello che succede.
Le sue certezze, le sue convinzioni, crollano all’improvviso scatto di un piedino che – racconta lei stessa – “cominciò a scalciare come se cercasse di respingere la sonda invasore. Quando la cannula cominciò a far pressione, il bambino iniziò a rivoltarsi e a contorcersi. Mi sembrava chiaro che il feto sentiva quella cannula, e che non gli piaceva affatto quello che stava provando. Poi la voce del medico ruppe il silenzio, facendomi trasalire. ‘Accendi, Scotty’, disse spensieratamente all’infermiera, ordinandole di attivare l’aspiratore… Per un brevissimo momento sembrava che il bambino venisse strappato, arrotolato e strizzato come uno straccio. Poi iniziò a scomparire dentro la cannula sotto ai miei occhi. L’ultima cosa che vidi fu la piccola spina dorsale perfettamente formata risucchiata nel tubo, e tutto scomparve. L’utero era vuoto, totalmente vuoto”.
Il cambio di rotta
E’ settembre del 2009: Abby Johnson oltre a lavorare con la Planned Parenthood, dirige la clinica di Bryan, nel Texas, dove vengono eseguiti ogni sabato dai venticinque ai trentacinque aborti in giornata. Ma quell’esperienza la segna per sempre e la sua vita cambia, all’insegna di una conversione umana e spirituale, che appare radicale. Stravolta, si rende conto che ciò in cui credeva e che sulla sua pelle aveva vissuto anni prima era mostruosità, una pratica applicata in modo scientifico e pianificata per fare soldi. Diventa così una delle principali sostenitrici e attiviste pro-life, ma insieme a questo cambio di rotta iniziano anche i problemi. Decide allora di raccontare al mondo questa storia per scuotere l’opinione pubblica e il film lo fa con quel realismo, crudo e doloroso, che solo il grande schermo riesce ad amplificare, fino a schiaffeggiare le coscienze.
“L’aborto – dirà poi in seguito Abby Johnson – è l’uccisione di una vita innocente nel grembo della propria madre, luogo in cui, grande paradosso, un bambino dovrebbe maggiormente essere custodito”. Dopo di lei in tanti hanno cambiato idea. In Italia, compito di diffondere il film è della Dominus Production di Federica Picchi. La prima nazionale sarà questa sera 8 luglio, alle 20.30, al Cinema Adriano, a Roma: poi, il 28 e 29 settembre in tutti le sale cinematografiche.
Articolo di Cecilia Seppia pubblicato da Vatican News 8/07/21